Quel che pur ci emoziona a volte aberra.
Un gesto, un quadro, vetri nel tremore
e l'animo spalmato in su la terra.
Stan persi in un anfratto del Vettore.
Quel che ricorda il suon delle campane,
del campanile ch'è venuto giù,
siede nel buio e nel silenzio infame,
del chiasso che non vuolsi udire più.
Quel che ribalta il gioco della vita
e il quotidiano senso di rimorso,
in una strada che mai fu scolpita,
causa indecente è all'arduo percorso.
E del tormento resta il lago asciutto,
le verdi vette degli alti Appennini.
Gli alteri borghi in un latente lutto,
gli affetti di ricordi Sibillini.
(Poesia di Antonio Racano del 07/11/2016)
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