Stanco

E venne, un giorno, un angelo adorno
di piume dorate e di un lume fatato,
che mi avvolse intorno come in un forno
e mi sentii un fiume infuriato che agli argini è arrivato!

E susseguì una notte a quel fatato giorno,
non più illuminata dalla intensa luce della fata
e svanì in una vuota botte, quel che penso, un sogno,
non più dolce, bensì atroce, dato l'oscuro mio fato!

Sono un’isola che non è bagnata dal Tuo amare,
sono come una mola che cade e che non può più masticare,
sono una gondola che è affondata in laguna,
sono una terra che non ha più una Luna!

Luce dei miei soli occhi,
duce delle mie solitarie battaglie,
atroce non aver nulla in sacco,
feroce è questo continuo smacco.

Rude è la mia vita, così cruda e senza denti,
in palude ormai è finita e si suda senza il vento,
prude quella ferita, che prelude nel mio mondo,
scudo, in tal partita, è la mia penna senza fondo!

Croce e mia delizia,
tu mi cuoci e non è uno sfizio,
non è dolce, questo mio supplizio,
oggi c'è verso di te un nuovo indizio.

Stanco di cercar il paradiso...
stanco di non gustar mai il riso...
stanco d'immaginar il tuo viso...
stanco d'esser qui in attesa!
Stanco di pensarti al mio fianco...
stanco di sognarti col velo bianco...
stanco di sprofondar sempre più nel fango...
stanco di non degnarti del mio rango!

(Canzone di Fabiano Di Nuccio)

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